Laboratorio Architettura e Urbanistica di Alessandro Braghieri
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Cappella di San Giuseppe
Genova
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Genova, Liguria
Progettazione 2002, Esecuzione 2004
La Cappella di San Giuseppe è un piccolo spazio sacro ricavato al piano fondi di un palazzo dei primi anni Sessanta, al numero 23 di via Montello a Genova.
Al problema dell'eterogeneità degli arredi sacri e delle suppellettili per la liturgia, in cattivo stato di conservazione, si univa la necessità di dare risposta ad una strutturazione degli spazi che non cercava alcun dialogo con il contenitore, non solo rinunciando a richiamare una qualsivoglia similitudine con le tipologie dello spazio sacro, ma anche entrandone in diretto contrasto nella collocazione dell'altare tra due pilastri, che limita va la vista del celebrante verso l'assemblea e viceversa.
L'obbiettivo del progetto di adeguamento liturgico e restauro è stato quello di realizzare uno spazio sacro non solo idoneo allo svolgimento delle liturgie, ma anche capace di invitare al raccoglimento e alla preghiera.
La soluzione di questo progetto nasce dall'intenzione di leggere l'involucro della Cappella e di mettere relazione con questo degli elementi semplici. Partendo dalla forma del locale, un quadrato di 13 metri di lato, punteggiato da diversi pilastri, si è individuata una nuova collocazione dell'altare, cosi da renderlo maggiormente visibile ma anche facendo diventare il centro della chiesa.
Un centro non geometrico ma percettivo. L'avanzamento rispetto alla posizione precedente riesce a realizzare una sensazione di "pianta centrale: la viibilità delle panche laterali crea una nuova lettura degli spazi circostanti che, intorno al vuoto lasciato tra i primi quattro pilastri, si orientano come navata e transetto grazie semplicemente alla disposizione delle sedute.
Definita la posizione dell'altare è stato dimensionato il presbiterio. Rialzato 16 cm rispetto al pavimento dell'aula é di dimensioni sufficienti per la genuflessione davanti all'altare e per la collocazione degli altri arredi sacri, sede ed ambone, in posizioni tali da interferire fisicamente e visivamente uno con l'altro. Il tebernacolo, colocato in prossimità della parete di fondo del presbiterio, è immediatamente visibile, indifferentemente da quale delle tre porte si scelga per entrare e risulta sempre inquadrato da almeno una coppia di pilastri.
Il rapporto che si crea tra gli elementi del presbiterio è uno dei punti del progetto. Volumi puri che rifiutano ogni assia lità e simmetria in una disposizione dinamica che riesce a riscattare la staticità di uno spazio ristretto. Oggetti che acquisiscono la fondamentale capacità di costruire lo spazio attorno a sé.
A questo risultato collabora il rapporto instaurato tra le pareti perimetrali ed pilastri. Questi sono smaterializzati da una decorazione a fasce, che se apparentemente si limita a ricordare il tipico bianco e nero delle chiese liguri in realtà riesce a creare un effetto di movimento e di profondità che fa passare in secondo piano il limite delle pareti laterali, lasciate opportunamente in ombra.
Proprio la scelta delle luci si configura come il terzo elemento in grado di ridisegnare la percezione dello spazio.
Aula e presbiterio sono illuminate con lampade alogene a sospensione di forma cilindrica di colore beige chiaro.
Sospese tutte alla stessa altezza sono poste apparentemente secondo un modulo quadrato indifferenziato che pone due lampade centrate sulla mensa e le altre disposte di conseguenza a distanze fisse. In realtà man mano che le lampade si allontanano dall'altare l'interasse tra le stesse aumenta in modo proporzionale alla distanza, ottenendo un'intensificazione della luce in comspondenza del "centro" della chiesa. Ne sono evidenti i valori simbolici tanto quanto i riflessi sulla percezione dello spazio.
Le soluzioni formali e stilistiche sono improntate ad un minimalismo in cui è fortissimo il legame tra forma, funzione, tecniche costruttive e simbologia. Minimalismo non come stile bensi come semplificazione, come riscoperta di forme essenziali, che conduce con sé la riscoperta del la ricchezza di significato della materia e di quel rapporto forma-funzione che è semplicemente l'unica forma di progetto che abbia senso. Il risul tato è una sobria economicità e non un'assenza. A partire dalla scelta di concentrare la piccola somma a disposizione su due soll "oggetti": il presbiterio e le luci della navata, invece che disperderta in molteplici piccoli interventi. Due oggetti realizzati con cura e con qualità dei material, nella convinzione, che potessero da soll "tare" architettura. La scelta di questi ultimi, travertino di Siena per la pavimentazione e marmo giallo d'istria per gli arredi, da un senso di solidità ai luoghi della liturgia. Inoltre si accorda con toni e colori del pavimento in graniglia e con l'insieme dell'aula, evitando qualunque effetto di estraneità. La soluzione per la messa in opera delle lastre di marmo spesse 4 cm con cui sono stati realizzati tutti gli amedi è stata quella degli spigoli a quartabono, dove la semplicità e le tolleranze ammesse nell'assemblag gio si uniscono al simbolismo che ri chiama la forma della croce.
In particolare l'altare, una forma cubica di 93 cm di lato, posto su un basamento più stretto, è una croce tozza inscritta in un cubo da qualun que dei suoi sei lati.
Pubblicazioni
- A. CANZIANI, “Di un'architettura minima. Adeguamento liturgico e restauro della Cappella San Giuseppe a Genova”, in “Recuperare l’edilizia”, anno VIII, n. 43, maggio 2005,Edifim, Milano.